Guido Rasi, ex direttore esecutivo Ema, direttore scientifico Consulcesi e consulente del commissario Figliuolo, in relazione all’ipotesi di effettuare una terza dose del vaccino Pfizer, ha affermato: “Va bene per farsi trovare preparati in caso di necessità, ma nulla di più. Avrebbe decisamente più senso se fossimo di fronte a varianti che non rispondono agli attuali vaccini”. Pertanto, ha continuato Rasi, “la terza dose può esser vista come un esercizio di preparazione per il futuro, ma non ha nessun senso concreto programmarla da adesso”. Infatti, secondo i dati diffusi dall’azienda americana, ricevere una terza dose di vaccino incrementerebbe la protezione immunitaria contro il COVID – 19. L’Ema ha aperto il dibattito in proposito; però, ad oggi, la Fda americana mantiene ancora un comportamento prudente e cauto, puntando sul fatto che i vaccini attualmente in uso abbiano un’efficacia che si protrae nel tempo.
Pfizer ha sottolineato che, dai dati rilevati da un primo studio effettuato sull’uomo, non solo la terza dose è sicura, ma anche che essa è in grado di incrementare il livello degli anticorpi neutralizzanti da 5 a 10 volte rispetto alle due dosi inoculate fino a questo momento. Alla luce di questi dati, il direttore scientifico di Pfizer, Mikael Dolsten, ha sottolineato che la Fda proporrà di autorizzare la somministrazione di un’eventuale terza dose a 6-8 mesi di distanza dall’inoculazione delle prime due. Ma, sia la Fda che i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (Cdc) americani sono scettici e non si sono espressi con certezza. Infatti, il loro pensiero rispecchia molto quello di Guido Rasi poiché, anche dagli Stati Uniti, chiariscono che l’efficacia dei vaccini attualmente in uso è indubbia; inoltre, Fda e Cdc hanno aggiunto che le persone giunte in ospedale o decedute sono quelle senza vaccino. E, proprio attraverso una nota congiunta, i due organismi statunitensi hanno affermato: “Gli americani che sono stati completamente vaccinati non hanno bisogno di una dose di richiamo in questo momento, aggiungendo che “siamo preparati per dosi di richiamo se e quando la scienza dimostrerà che sono necessarie”. Tuttavia, il direttore scientifico di Pfizer, Dolsten, nel preannunciare la necessità di un’eventuale terza dose del vaccino, si è detto preoccupato per le diverse varianti del virus, compresa la Delta, che si sta diffondendo rapidamente in molti posti del mondo. E, ancora Dolsten, ha affermato: “C’è molta preoccupazione per le arianti”, sostenendo che “una ulteriore dose sarà molto efficace contro la variante Delta”. Gli studi effettuati sugli anticorpi hanno riguardato 10 – 20 persone, che hanno anche effettuato la seconda dose; alla luce di questi studi, proprio il direttore scientifico di Pfizer ha evidenziato che “il set di dati è così chiaro che abbiamo completa fiducia sul fatto che lo studio completo lo riprodurrà”. Inoltre, uno studio portato avanti in Gran Bretagna nel maggio scorso aveva mostrato che il vaccino Pfizer copriva per l’88%, immunizzando dai sintomi della malattia, dopo aver ricevuto la seconda dose. Una ricerca effettuata, invece, in Israele ha evidenziato che l’efficacia di Pfizer è scesa al 64% in seguito al diffondersi della variante Delta, ma il vaccino resta efficace al 93%, evitando il contagio in forma grave. Dolste ha interpretato lo studio portato avanti in Israele come un segnale che i livelli di anticorpi nel sangue sono in calo, viste le numerose vaccinazioni registrate tra gennaio e febbraio. E, se da un lato Dolsten ha affermato che “quando si hanno bassi livelli di anticorpi, i virus altamente contagiosi possono causare malattie lievi”, dall’altro, Israele ha ribadito che la protezione non subisce modifiche, mantenendosi alta, anche contro le varianti più aggressive. Pertanto, gli studi e le ricerche effettuate sembrano confermare che i vaccini in circolazione sono pienamente efficaci e prevengono le forme più aggressive e violente del COVID, nonostante l’insorgere ed il diffondersi delle numerose varianti.