Poter gestire il paziente affetto da COVID – 19 direttamente da casa diventa un fattore importante per favorire un coordinamento meno faticoso della pandemia, in modo da pesare anche meno sugli ospedali.Tuttavia, per attuare questa strategia, diventa importante trovare una precisa integrazione tra le diverse figure che potrebbero essere coinvolte e seguire procedure standardizzate, condivise e ben delineate. La formazione e l’aggiornamento in tema di COVID per gli operatori socio – sanitari sono le chiavi vincenti per la gestione del paziente a domicilio, in modo da affinare le strategie di strategie per l’assistenza, monitoraggio e cura dello stesso presso la propria abitazione. Questo è l’obiettivo che il corso di formazione professionale Ecm di Sanità In-Formazione per Consulcesi Club dal titolo “La gestione del paziente Covid-19 nel contesto domiciliare” desidera perseguire.
A tal proposito, Emanuele Nicastri, direttore della divisione di malattie infettive ad alta intensità di cura e altamente contagiose dell’Istituto nazionale per le Malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma e docente del corso Ecm ha affermato: “La gestione del paziente a casa è fondamentale per ridurre la pressione sugli ospedali”, evidenziando però che “bisogna stare attenti a farlo in maniera appropriata, evitando prima di tutto l’utilizzo di farmaci che andrebbero prescritti solo in ambito ospedaliero”. Tuttavia, seppur sia trascorso oltre un anno dal diffondersi del COVID, l’errore più comune è quello di effettuare prescrizioni mediche inadeguate che, spesso, hanno effetti dannosi sul paziente, portandolo addirittura ad un aggravamento della sua situazione di salute. Nicastri, allora, ha esortato i medici ad “evitare di prescrivere cortisone, antibiotici ed eparina come trattamento per la gestione domiciliare del paziente Covid-19” poiché, ha continuato che si sono rilevate evidenze, secondo le quali “l’uso di cortisone nel paziente che non ha bisogno di ossigeno è dannoso”. In questo caso, ha continuato lo specialista, “vi è un incremento del 19% della mortalità”, poiché “il cortisone prolunga la fase virale e nasconde i sintomi. Ci fa perdere di vista il calo di saturazione che è un parametro fondamentale per decidere il ricovero”. Pertanto, medicinali quali il cortisone e l’eparina, rappresentano trattamenti farmaceutici da poter erogare unicamente in ospedale. Nicastri, poi, ha spiegato che anche l’antibiotico non va somministrato “perché dovremmo immaginare una coinfezione batterica in un paziente Covid-19?”, ribadendo che “solo l’8% dei pazienti ha una condizione batterica e a casa questa percentuale è ancora più bassa”. Infatti, gestire un paziente COVID da casa vuol dire soprattutto dare consigli su stili di vita, quarantena, isolamento e problemi connessi, più che ricorrere a prescrizioni mediche. Pertanto, quando i medici di base o i pediatri si trovano a fronteggiare un caso COVID tra i propri pazienti, devono occuparsi dello svolgimento di diversi compiti. Qualora lo ritengano opportuno, potranno coinvolgere l’ “Unità speciale di continuità assistenziale” (Usca), che hanno come obiettivo quello di collaborare con i medici di famiglia e pediatri nella gestione di pazienti in quarantena o isolamento, che restano nel loro domicilio. Infatti, il controllo quotidiano del paziente a casa e in isolamento è importante, perché almeno il 10-15% dei casi lievi possono aggravarsi in modo repentino e veloce. Diventa importante informare il paziente, educandolo soprattutto all’automonitoraggio, attraverso la misurazione costante della saturazione dell’ossigeno.
Un suo decremento, infatti, accende una spia e allarma sul decorso negativo della malattia e la possibilità di un esito infelice. Oltre alla saturazione, il paziente può tenere sotto controllo i battiti cardiaci, curando l’idratazione e l’alimentazione. Infine, il paziente potrà essere guidato all’assunzione di una posizione del corpo con la faccia a terra e per agevolare l’attività di respirazione.